Valorizzare il patrimonio linguistico e culturale ladino e tramandarlo, anche attraverso i mezzi di comunicazione digitali: è questo l’intento di “Filò Ladin”, progetto culturale al quale hanno contribuito 13 tra musei, unioni ladine e istituzioni del territorio, grazie al sostegno della Provincia di Belluno. Un’iniziativa che abbraccia un’ampia zona delle Dolomiti bellunesi, spaziando dalla Val di Zoldo al Comelico, dall’Agordino al Cadore.
Qual è il suono della nef? Quale parte della casa arieggia una barconela? Che cosa gira sulla ruota chiamata corletu? Chi fa piodech per la comunità?
Questi, e decine di altri, i patrimoni linguistici e culturali ladini che sono stati digitalizzati dal Museo Dolom per essere raccontati in un filò digitale.
Sul sito del Filò Ladin sono ora presenti più di 70 parole ladine che raccontano tradizioni, lavori, piatti, luoghi, abitazioni e persino eventi atmosferici che caratterizzano o hanno caratterizzato le vallate dell’Alto Bellunese. Filò Ladin è anche racconto social sulle pagine Facebook e Instagram del museo.
«La vera ricchezza di Filò Ladin risiede nella preservazione e diffusione di una lingua che altrimenti rischierebbe di scomparire, insieme alla grande varietà, ma allo stesso tempo unità, di termini che comprende» spiegano Fabiana Fazzi, Giacomo Pompanin e Claudia Meneghetti, responsabili del progetto.
Dal filò attorno al larìn allo spazio digitale, per condividere la tradizione ladina
L’idea prende il nome dal termine filò, che indicava il momento della giornata in cui la comunità si riuniva attorno al larìn – focolare che tipicamente si trovava in casa, al piano terra – per condividere storie ed esperienze.
Questo spazio digitale, costruito insieme alle realtà partecipanti attraverso incontri di co-progettazione online tra gli ultimi mesi del 2023 e i primi del 2024, intende riflettere tale atmosfera di condivisione.
Gli incontri sono serviti per identificare e raccogliere parole ladine provenienti dalle diverse vallate, con l’obiettivo di preservare e promuovere il patrimonio linguistico e culturale.
Un progetto corale
Hanno partecipato al progetto Filò-Ladin il Comune di Val di Zoldo, il Museo del Ferro e del Chiodo, il Museo etnografico di Goima, il Museo Albino Luciani, l’Ecomuseo Valle del Biois, Union Ladina Val Biois, MUSLA-Moviment de Union e Sensibilisazion Linguistica del Agordin, Museo geologico di Agordo, Union Ladign da Selva, Museo del Seggiolaio Gosaldo, Union Ladina del Cadore de Medo, Magnifica Comunità di Cadore, Algudnei – Spazi per la cultura ladina del Comelico.
«Grazie al confronto – raccontano i 13 soggetti partecipanti al progetto – abbiamo potuto mettere in evidenza le caratteristiche uniche delle nostre vallate, elementi che dovrebbero essere tramandati anche alle nuove generazioni per mantenere vive tradizioni e consuetudini, e far rivivere il passato attraverso l’uso della lingua ladina scritta e parlata. L’impiego di strumenti come la piattaforma digitale amplificherà la promozione della lingua e della cultura ladina, permettendo di esplorare gli aspetti che si celano dietro a questa: la sua storia, i valori della popolazione della montagna bellunese e la divulgazione pratica delle modalità di scrittura e parlata ladina».
Il progetto si è sviluppato nel quadro della legge 482/1999 (“Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche”) che finanzia specifici filoni di intervento, tra cui attività di promozione culturale.
“Un pezzo della nostra identità che viene preservato”
«Le parole danno forma al pensiero e sono la rappresentazione che diamo delle cose e del mondo in cui viviamo. Questo vale a maggior ragione per il ladino, lingua che ha cristallizzato un passato e una tradizione» commenta il presidente della Provincia, Roberto Padrin. «L’operazione di Filò Ladin quindi non è semplice nostalgia bensì conservazione, fissaggio sulla linea del tempo di un pezzo del nostro carattere e dell’essere bellunesi. È un pezzo della nostra identità che viene conservato e preservato. E grazie a questo strumento viene raccontato anche a chi il ladino non lo conosce, a chi lo sta apprendendo e a chi vuole approcciarsi a questo patrimonio linguistico e culturale».